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PIGLIO: La vita dei contadini e le sue tradizioni.

Cento anni fa fino al 1960nelle campagne di Piglio i contadini erano mezzadri cioè lavoravano i campi e dividevano a metà i prodotti con il padrone.

La casa non era lussuosa ma ben curata. La stanza più grande era la cucina dove c’era un grande focolare intorno al quale si riuniva la famiglia numerosa, composta dal padre, dalla madre, da tanti figli sposati e non. Il camino serviva per riscaldarsi e per cucinare.

Appeso al catenaccio c’era il caldaio per cuocere la polenta, la pasta, le erbe di campo. Il pane si faceva in casa con la farina e spesso si andava al mulino a macinare il grano.

In un letto dormivano più persone e i materassi erano di crini o di foglie di granoturco.

Vicino alla camera scura (senza finestre) c’era il magazzino dove si tenevano i cereali.

Sotto casa c’era la cantina, la stalla, l’ovile, il pollaio. In cantina, oltre al vino, all’olio e all’aceto, c’erano i salami, le salsicce, i prosciutti, i formaggi. In casa non c’era n’è luce elettrica n’è acqua corrente. Il gabinetto era situato fuori.

Di notte si usava l’orinale per fare i piccoli   bisogni.

L’acqua per fare da mangiare e per lavarsi si prendeva con la conca alle fontane.

Per fare luce si usavano le candele, l’acetilene (lume a carburo) e il lume   a petrolio.

A volte, d’inverno si faceva il bagno in una tinozza vicino al focolare o nella stalla perchè, grazie agli animali, c’era più tepore.

D’estate si faceva anche all’aperto.

Nelle   stalle, d’inverno, gli uomini intrecciavano i cesti con il vimini e costruivano gli attrezzi da lavoro.

Le donne facevano il bucato nel pubblico lavatoio di Romagnano una volta al mese usando la cenere e il sapone fatto in casa.

Molte praticavano il mestiere della lavandaia.

I vestiti erano semplici, confezionati in   casa: con la lana, la canapa, il cotone. I più fortunati avevano il vestito della festa che si indossava soltanto per andare a Messa o in occasione di feste particolari.

Quando si rompevano si riattoppavano con delle pezze.

Le ragazze si preparavano la dote: lenzuola, asciugamani, grembiuli.

Si andava in giro scalzi o con le mitiche ciocie oppure con gli zoccoli di legno.

Se c’era poi un paio di scarpe si conservava per le feste e si portavano ad aggiustare dal calzolaio.

Le donne non portavano n’é pantaloni e n’é collant.

Negli anni 1930 sono arrivate le prime automobili (Balilla 1934, Topolino 1936), ma se le potevano permettere in pochi!! Negli anni ’50 si vedevano passare alcune moto e la mitica VESPA.

A scuola gli insegnanti erano molto severi e davano punizioni anche dolorose (tirate di orecchie, bacchettate sulle mani, le ginocchia sopra il granoturco).

Erano molti i bocciati e pochi frequentavano oltre la terza elementare. Si scriveva con il pennino e l’inchiostro.

Prima di iniziare la lezione si recitava la preghiera, poi si passava all’ispezione dell’igiene personale.

D’inverno si portava la legna per la stufa e la maestra aveva il suo scaldino con la brace. La sera, prima di andare a letto, i bambini chiedevano la Santa Benedizione e i genitori rispondevano: “Dio ti benedica”.

Il tempo per giocare era scarso perchè anche i bambini aiutavano i grandi nel lavoro dei campi e nell’accudire gli animali da cortile.

I giochi più comuni erano: la ruzzola, la corda, la campana, il sassetto, la crocetta, la buchetta, nascondino. I grandi ballavano al suono dell’organetto e della fisarmonica e   cantavano serenate alle ragazze.

Giorgio Alessandro Pacetti

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